liberamente ispirato a Moby Dick di Herman Melville
progetto e regia Corrado d’Elia
con Corrado d’Elia
assistente alla regia Carla Almirante
ideazione scenica e grafica Chiara Salvucci
tecnico luci Christian Laface
tecnico audio Gabriele Copes
Moby Dick non ti cerca. Sei tu che da insensato cerchi lei!
Torna a grande richiesta al Teatro Litta Corrado d’Elia, in uno dei suoi album più amati e apprezzati di sempre: Io, Moby Dick. Una strepitosa e avvincente storia di mare.
Uno spettacolo catartico, di grande intensità emotiva. Corrado d’Elia, nei panni di un moderno aedo, incanta il pubblico immerso in una scena di grande effetto. La storia la conosciamo: il Capitano Achab, al comando della baleniera Pequod è alla ricerca di Moby Dick, la terribile, mostruosa balena bianca che anni prima, durante una battuta di caccia, gli ha amputato una gamba, distrutto una nave, mandato a picco il carico e ucciso molti uomini. Achab, accecato dalla sete di vendetta e contro ogni ragione, conduce la nave per mari pericolosi, alla ricerca ossessiva della balena, la quale, nonostante venga più volte ramponata, riesce sempre misteriosamente, quasi diabolicamente, a salvarsi.
Moby Dick è ancor oggi il simbolo riconosciuto del desiderio dell’uomo di conoscere, di andare oltre ma anche della sua piccolezza davanti alle grandi domande. A metà tra Ulisse e Caronte, Achab invece ben racconta la lotta impari dell’uomo contro la natura, la sfida della ragione contro gli orrori dell’abisso e la battaglia spirituale con sé stesso, sempre alla ricerca, oggi più che mai, di un senso disperato per la propria vita. Quell’indagine, quel desiderio, quella ricerca di assoluto, quel miraggio di verità e di grandezza che l’uomo insegue da sempre ma che non potrà mai afferrare a pieno. Uno spettacolo originale e avvincente, un flusso emotivo ed emozionale a cui aderire e lasciarsi andare, come a farsi cullare dalle onde del profondo, immenso, seducente, oceano.
Note di Regia.
Torno a Moby Dick come chi torna a sé stesso. Per necessità quindi. E anche per urgenza. Lo spettacolo prende così una veste nuova, un nuovo respiro. E pur conservando la febbre e il furore della precedente edizione del 2017, si arricchisce di toni e di riflessioni più intime, più riflessive. Moby Dick è stato il primo spettacolo saltato per la pandemia. Anche per questo riprenderlo davanti ad un pubblico, accoglie un nuovo senso e una nuova urgenza. Al centro della ricerca c’è sempre lui, il teatro e il nostro lavoro di uomini e di donne di teatro. La nostra vita con le domande che inevitabilmente nascono dopo tanti anni di mestiere, le stesse che Achab rivolge a sé stesso.
Io e Achab, una cosa sola dunque. A ragionare ad alta voce dall’alto della tolda di una nave o di un palcoscenico, poco cambia. Le domande sono esattamente le stesse. Come anche il senso dell’andare e del rinunciare. In nome di un fuoco, di una vocazione che accoglie, ingloba e rivendica ogni cosa che incontra. Tutti noi, quotidianamente, cerchiamo Moby Dick. Alcuni non lo sanno, altri pensano di averla vista. Pochi sono riusciti a guardarla dritto negli occhi. In tanti sono morti senza mai averla mai incrociata. Alla fine Moby Dick è si una grande storia mare e una grande storia di teatro. Per questo torno a Moby Dick, per ripartire.
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